Contrattazione decentrata
Quanti sono i contratti collettivi territoriali esistenti in Alto Adige? Quanti di questi prevedono un elemento retributivo integrativo? E quanto incide questo elemento rispetto al minimo contrattuale nazionale? Se venisse introdotto un salario minimo legale come proposto in Parlamento, quanti sono i settori che ne ricaverebbero un vantaggio? Queste le domande al centro dello Zoom IPL sulla contrattazione collettiva territoriale altoatesina, presentato oggi dall’Istituto Promozione Lavoratori presso il Palazzo Widmann. “Le organizzazioni sindacali – afferma il Presidente IPL Andreas Dorigoni – si sono mobilitate già da diverso tempo per richiedere retribuzioni più alte, con l’introduzione di un elemento provinciale di 150 euro lordi mensili a difesa del potere d’acquisto. I risultati presentati oggi dall’IPL confermano la nostra convinzione che dobbiamo proseguire con tenacia su questa strada.”
Da sempre IPL | Istituto Promozione Lavoratori si occupa di contrattazione collettiva, sia nazionale che di secondo livello. In un contesto di costante aumento dell’inflazione e di conseguente riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori, questa tematica si inserisce peraltro nel più ampio quadro della discussione politica sull’introduzione di un salario minimo e assume quindi particolare rilievo. Il contratto collettivo, infatti, ha lo scopo primario di determinare i contenuti dei rapporti di lavoro e con essi anche il trattamento economico dei lavoratori.
La contrattazione di secondo livello in Alto Adige
In Italia la contrattazione collettiva prevede due livelli: nazionale e territoriale (o aziendale). Lo scopo del secondo livello, in particolare, è quello di adeguare le regole stabilite dai contratti collettivi nazionali alla realtà di uno specifico territorio o di una specifica azienda.
Stando ai dati dell’archivio del CNEL (Comitato Nazionale Economia e Lavoro), in Alto Adige al 16.01.2023 si contano 69 contratti di secondo livello, di cui 57 aziendali e 12 territoriali. Questi ultimi sono al centro dell’analisi per quanto riguarda l’incidenza dell’elemento retributivo territoriale sul trattamento economico minimo previsto dal contratto collettivo nazionale. Solamente in 13 dei 43 settori analizzati viene applicato un contratto territoriale che prevede un elemento retributivo integrativo: la classifica vede in testa il settore metalmeccanico artigiano (con un aumento della retribuzione mensile lorda di circa 187 euro, il che corrisponde a una maggiorazione del 12,8% rispetto al contratto collettivo nazionale), in coda invece il settore del commercio (con un elemento retributivo di 8 euro, pari a una maggiorazione dello 0,5% sulla retribuzione lorda prevista dal CCNL).
Le controversie della contrattazione collettiva
La retribuzione è uno dei temi che ciclicamente viene riproposto nel dibattito del diritto del lavoro, poiché svolge la funzione di garanzia di un’esistenza dignitosa per i lavoratori (anche in base a quanto stabilito dall’art. 36 Cost.). Le banche dati settoriali registrano tuttavia la presenza di contratti collettivi con minimi retributivi particolarmente bassi, nonché l’esistenza di una quota non irrilevante di lavoratori (circa 3,3 milioni) la cui retribuzione è inferiore ai minimi tabellari del settore. Detti contratti, nella maggior parte dei casi, vengono stipulati da associazioni datoriali e sindacati minori e poco rappresentativi: è il fenomeno dei cosiddetti contratti “pirata”.
La proposta sul salario minimo
A seguito dell’emanazione della Direttiva UE n. 2022/2041 (da implementare entro novembre 2024), ciascuno Stato membro deve stabilire un salario minimo che contribuisca alla riduzione delle diseguaglianze retributive. A luglio 2023 da parte dei partiti di opposizione è stata presentata in Parlamento una proposta di legge che prevede un trattamento economico orario minimo non inferiore a 9 euro. Lo scopo è quello di contrastare il fenomeno del dumping salariale tutelando così i settori caratterizzati da una minore copertura della contrattazione collettiva.
Guardando all’Alto Adige, dei 43 settori analizzati solamente 20 prevedono un trattamento economico orario minimo superiore alla soglia della proposta legislativa, dato che aumenta a 23 se si prende in considerazione anche l’elemento integrativo provinciale. “Poiché la parte economica di molti contratti collettivi nazionali non è ancora stata rinnovata – afferma la ricercatrice IPL Alessia Paccagnella – lo scenario non appare particolarmente roseo. È quindi auspicabile una ripresa della contrattazione decentrata che adegui i salari al costo della vita”.
Grafico 1: Incidenza dell’elemento provinciale sul minimo tabellare per settore (€)
Grafico 2: Minimi tabellari orari per settore in Alto Adige e salario minimo (€)