16 Aprile 2020

Covid-19 Le ripercussioni della crisi esistenziale sulla psiche

Foto: KML by Pexels

Con l’attuale crisi da Coronavirus i lavoratori, liberi professionisti ed imprenditori temono per la propria sussistenza economica. Sono tre le domande principali: quanto durerà ancora lo stato di emergenza? Come posso farcela economicamente? Cosa succederà dopo? Questa incertezza esistenziale del tutto inaspettata pesa molto sull’animo delle persone. L’IPL | Istituto Promozione Lavoratori ha analizzato le ripercussioni di questa situazione sugli individui.

La lotta contro la pandemia da Covid-19 ha scatenato improvvisamente una profonda incertezza in molte persone: a causa della chiusura improvvisa delle aziende e del confinamento delle persone d’un tratto non entrano più soldi – e non si sa quanto durerà questa situazione. Gli impegni economici restano però gli stessi: bisogna pagare le rate di mutui e affitti; imposte e tasse sono solo sospese, non annullate. In più viene a mancare il lavoro come attività centrale nella propria vita, fonte di riconoscimento sociale e garanzia d’indipendenza. Lo psicologo del lavoro e ricercatore IPL Tobias Hölbling spiega le ripercussioni della crisi sulle persone colpite.

Le nuove paure esistenziali dei lavoratori

 Molti dipendenti altoatesini sono già da qualche giorno in cassa integrazione, e riceveranno, per un totale di nove settimane, l’80% del salario. In questo periodo saranno quindi discretamente coperti. Ma anche loro si pongono la stessa domanda: come si svilupperà la situazione? Trascorso questo periodo, la mia azienda potrà tenermi in organico o sarò disoccupato? Anche molti imprenditori e lavoratori autonomi hanno gli stessi timori esistenziali; già in tempi normali assumersi la responsabilità di un’azienda è un fardello molto pesante. Non si tratta solo di dover restituire prestiti, ma anche di mantenere ciò che è stato costruito con tanta fatica; senza parlare poi del destino dei propri collaboratori e delle loro famiglie.

Senza lavoro l’anima soffre

Sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi una cosa è certa: la paura di una futura disoccupazione e l’inattività professionale forzata sono di per sé un grande peso. La ricerca nel campo psicologico degli ultimi decenni ha dimostrato chiaramente che disoccupazione e salute psichica sono due fattori strettamente correlati. Un disoccupato su tre (34%) lotta contro problemi psichici, mentre tra i lavoratori è solo uno su sei (16%). Le problematiche riscontrate sono depressioni e paure, malessere emozionale e, in generale, la mancanza di soddisfazione nella vita. I disoccupati hanno spesso poca autostima, soprattutto se lo stato di disoccupazione perdura.

Condannati all’inattività

Il lavoro non è solo fonte di sostentamento e quindi di indipendenza; il lavoro ci fa anche bene. Il lavoro permette di fare numerose esperienze sociali e di strutturare la propria quotidianità. “Chi lavora percepisce un apprezzamento sociale e si assicura una vita economicamente indipendente: si possono dimostrare le proprie capacità e si è orgogliosi dei propri successi. Queste esperienze positive accrescono l’autostima” spiega Hölbling. Il lavoro è quindi alla base della nostra società. Ciò rende ancora più pesante per il dipendente, il libero professionista o l’imprenditore senza lavoro dover restare a casa a causa delle restrizioni imposte, senza poter intervenire per migliorare la propria situazione. L’artigiano non può recarsi dai clienti, le aziende non possono riaprire e spedire curriculum in questo momento sembra insensato. Nessuno sa quanto durerà questa situazione; le preoccupazioni economiche pesano, e non abbiamo nessuna influenza sulla fine di queste misure restrittive. “Frustrazione, impotenza e paura del futuro sono reazioni del tutto umane in uno scenario che ci lascia poco spazio di azione” aggiunge Hölbling.

Vince chi riesce ad intervenire più velocemente

Più dureranno la disoccupazione e l’inattività lavorativa forzata, più peggiorerà lo stato di salute delle persone colpite. La ricerca parla di un periodo di sei mesi; poi le conseguenze psicosomatiche di questo peso psicologico inizieranno a manifestarsi. Ma sulla gravità di tali ripercussioni non incide solamente la durata della disoccupazione, bensì anche la situazione economica del singolo: chi ha riserve finanziarie sopravvive meglio anche psicologicamente a periodi di carenza, al contrario di chi, invece, anche in periodi normali è in condizioni finanziarie precarie. Ciò vale anche per i Paesi. Stati economicamente solidi possono aiutare meglio sia le aziende che i singoli cittadini. In questo modo alleviano sia i costi economici che sociali nonché le spese psicologiche di una crisi, creando così i migliori presupposti per la successiva ripresa.

Lo choc Covid-19 e i sensi di colpa

Molto dipenderà dalla durata dello stato di emergenza: le conseguenze psicosomatiche di un’effettiva disoccupazione emergono solamente dopo periodi prolungati. A livello strutturale è importante che lo Stato e la Provincia aiutino con misure ragionevoli ed avvedute le aziende e i cittadini a superare la crisi possibilmente indenni e a prepararsi alla successiva ripresa, che sicuramente arriverà. „Dato che la pandemia COVID ha colpito i lavoratori di quasi tutti i settori economici, nessuno potrà rimproverarci di essere noi stessi la causa del nostro male. Questo è l’unico aspetto che può alleggerire il nostro stato d’animo in questo momento drammatico“ conclude Hölbling.

Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere allo psicologo del lavoro nonché ricercatore IPL Tobias Hölbling (T. 0471 41 88 31, tobias.hoelbling@afi-ipl.org).

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