14 Aprile 2016

Perché quel -17% per le donne?

Il gender pay gap, ovvero il differenziale retributivo tra uomini e donne, ammonta in Alto Adige al -17,2% su base giornaliera. Il differenziale è dovuto ad un insieme di cause piuttosto complesse e tra loro correlate.

“Sebbene le qualifiche delle donne siano uguali o migliori rispetto a quelle degli uomini, spesso le loro competenze non ricevono lo stesso riconoscimento e la loro carriera è più lenta, fanno meno straordinari e a loro vengono affidati meno frequentemente incarichi di responsabilità”, spiega la Vicedirettrice dell’IPL Silvia Vogliotti. “Le donne in molti casi interrompono il loro percorso professionale per conciliare famiglia e lavoro, si assentano per lunghi periodi dal mercato del lavoro, con la conseguenza a lungo termine che le pensioni femminili sono la metà di quelle maschili”.

Si chiama “gender pay gap” e significa: minori retribuzioni per le donne

equal silviaIn occasione dell’Equal pay day 2016 l’IPL | Istituto promozione lavoratori vuole riportare in primo piano il fenomeno del “gender pay gap”, ovvero il divario retributivo di genere, statisticamente calcolato come differenza tra il salario orario lordo di uomini e donne espresso in percentuale del salario maschile. In Alto Adige tale differenza ammonta (per i soli lavoratori a tempo pieno) al

-17,2% su base giornaliera e addirittura al -27% su base annua (fonte ASTAT, su dati INPS). Non è un caso che da anni l’Equal pay day in Alto Adige sia ad aprile, perché ci vuole fino ad aprile perché una donna guadagni quanto un uomo ha guadagnato al 31 dicembre dell’anno prima. Come è possibile, ci si può chiedere, che le donne siano pagate meno, visto che in Italia è vietato retribuite diversamente due persone che fanno lo stesso lavoro? I casi di discriminazione salariale esplicita e diretta sono pochi e puniti a norma di legge, ma il gender pay gap deriva il più delle volte da una combinazione di più fattori.

Un solo fenomeno, tante cause

Il differenziale retributivo è dovuto ad un insieme di fattori piuttosto complessi e tra loro correlati: il gap è dovuto innanzitutto alle competenze femminili spesso sottovalutate, proprio perché sono viste come «tipicamente femminili» e non come indice di professionalità: un’infermiera guadagna in genere meno di un paramedico, pur vantando qualifiche analoghe. Molto spesso i lavori fisicamente pesanti (tipicamente maschili) sono meglio retribuiti di quelli di relazione e di cura (esercitati tradizionalmente dalle donne). Inoltre nei settori a prevalenza femminile, come quello delle pulizie, gli stipendi sono in genere più bassi rispetto a settori paragonabili dominati dagli uomini, come ad esempio quello della raccolta dei rifiuti. Inoltre alcuni studi mostrano che le donne manager in settori tipicamente «femminili» guadagnano molto meno delle loro omologhe in ambiti d’attività prevalentemente «maschili». Anche i premi di risultato – ovvero il salario integrativo – sono tradizionalmente più diffusi in settori tipicamente maschili.

La tradizione ed i ruoli di genere influenzano fortemente le scelte scolastiche fin dalla scuola superiore e poi le scelte professionali di ragazze e ragazzi, per cui una laureata in Giurisprudenza verosimilmente si specializzerà nel diritto di famiglia piuttosto che nel diritto societario come farà il suo collega uomo, una laureata in Economia diventerà insegnante, mentre il suo collega aprirà uno studio di commercialista, con esiti retributivi assai differenti.

Molte donne scelgono lavori part-time ma a basso potenziale di carriera o vicino a casa per poter conciliare famiglia e vita lavorativa, rinunciando ad incarichi più prestigiosi, più remunerati, ma meno flessibili. Gli uomini fanno in media più straordinari delle donne, vanno più frequentemente in trasferta, e si vedono assegnare incarichi e indennità aggiuntive.

I vantaggi del ridurre il gap

Le donne studiano mediamente di più e con maggior profitto dei loro compagni e nutrono giustamente aspettative sempre maggiori nei confronti della vita professionale: la riduzione del gender pay gap è quindi indispensabile se le imprese vogliono accaparrarsi i migliori talenti e le migliori capacità femminili, guadagnandone in efficienza e prestazioni. Una maggiore uguaglianza retributiva tra donne e uomini incide positivamente anche sull’economia e sulla società nel suo complesso, rendendola maggiormente equa e giusta. La riduzione del gender pay gap passa inevitabilmente anche per quegli uomini che supporteranno maggiormente le aspirazioni e le scelte professionali della propria moglie/compagna, prenderanno dei congedi parentali e/o condivideranno più equamente i carichi di cura e i lavori domestici. Colmare il gender pay gap significa – non da ultimo – dare alle donne la possibilità di guadagnare meglio lungo l’intero arco della loro vita, di renderle economicamente indipendenti nel breve periodo, garantendo loro nel lungo periodo pensioni dignitose.

Dal gender pay gap al gender pension gap il passo è breve

Il passo dal gender pay gap al “gender pension gap” è infatti tanto breve quanto drammatico, nel senso che il -17% di gap su base giornaliera, che cresce al -27% su base annua, porta nel lungo periodo a pensioni femminili che sono già oggi la metà di quelle maschili, con un “effetto cumulativo” a sfavore delle donne, esposte al rischio di povertà nella terza e nella quarta età.

Maggiori informazioni si possono richiedere alla Vicedirettrice dell’IPL Silvia Vogliotti (T. 0471 41 88 35, silvia.vogliotti@afi-ipl.org).

Comunicati stampa IPL | Donne e lavoro

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